domenica 26 ottobre 2008

L'errore strategico del Sistema Italiana per affrontare la sfida cinese

Estratto dal libro Affari Cinesi

Ḗ stato commesso un errore di fondo dal parte del sistema economico italiano rispetto alla Cina. Un errore drammatico dai cui effetti ora è difficile uscire. Il fenomeno Cina è esploso negli ultimi 10 anni, con un picco negli ultimissimi anni, ma è iniziato in sordina almeno 20 anni fa.
Qual’è stata la reazione del sistema industriale italiano al risveglio dell’economia cinese? Fatte salve rare ed encomiabili eccezioni, la reazione è stata la stessa che si è avuta all’apparire (30/40 anni fa) del fenomeno Giappone.
Quando il Giappone ha iniziato ad invadere, negli anni 50-60 il mondo occidentale con i suoi prodotti a poco prezzo, (plastica, elettronica, ecc.), il sistema italiano ha pensato che si trattasse di un fenomeno temporaneo, un fuoco di paglia che si sarebbe estinto nel giro di pochi anni, implodendo nelle sue stesse contraddizioni (le stesse che oggi rileviamo nei cinesi),
Ḗ inutile ricordare com’è finita, cosa sia diventato il Giappone e la sua economia, nel panorama mondiale, è sotto gli occhi di tutti.
Con la Cina si è adottata la stessa identica analisi.
Anziché avvicinarsi a questo nuovo mondo per capirne le minacce, per valutarne le occasioni e le opportunità, si è snobbato il fenomeno, certi che prima o poi si sarebbe sgonfiato, e tutto sarebbe tornato alla normalità.
Le imprese italiane si sono quindi arroccate a difesa delle proprie quote di mercato mondiali, con due strumenti: uno intelligente ed uno meno.

Grandi aziende, capaci di pensare in grande e dotate di vera capacità di innovazione e sviluppo, hanno intensificato i valori intrinseci ed il valore aggiunto dei loro prodotti, creando una vera barriera all’accesso dei prodotti cinesi.
Creatività, stile, design, tecnologia, bellezza, insomma Italian Style, hanno fatto da motore al grande sviluppo del Made in Italy, costruendo barriere di accesso molto elevate ai loro mercati, mettendo al riparo queste aziende dalla minaccia cinese, e consentendo loro di accrescere i profitti, che ora stanno usando per massicci investimenti commerciali proprio in Cina.
Questo è stato lo strumento intelligente.
Lo strumento, diciamo così, meno intelligente, è stata la strenua difesa delle quote di mercato attraverso l’erosione dei margini industriali. Si è cioè cercato di mantenere posizioni commerciali, clienti, quote, tentando di fare fronte alla concorrenza dei Cinesi sul versante del prezzo, con l’ovvio risultato di erosione dei margini. Ḗ stato un atteggiamento suicida, che ha avuto come effetto l’impoverimento delle imprese, che ora sono incapaci, sul piano finanziario, di far fronte all’innalzamento del livello tecnologico ed estetico cinese, che sta minacciando anche le produzioni più sofisticate. Dall’altro lato, questa politica non ha comunque garantito il mantenimento di quote di mercato, delle quali le industrie cinesi si stanno pian piano impossessando sugli scenari mondiali.
Quando si è compreso che la battaglia commerciale contro il gigante asiatico non si sarebbe potuta vincere in questo modo, si è passati alla richiesta a gran voce di dazi doganali e protezionismi vari contro l’export cinese, sostenendo che le imprese cinesi facessero dumping sui loro prodotti, senza ricordare che il 60% di questo export è fatto da imprese straniere o imprese partecipate da capitale straniero. La tipica zappa sui piedi.

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